L’olivo albero della vita:

Prontuario di olivicoltura

di Giuseppe Fontanazza

Indice
L'olivo: la sua origine e il suo ambiente
Realizzazione di un oliveto intensivo
Tecniche di coltivazione
Conclusioni
 

L’Olivo: la sua Origine e il suo Ambiente

L’olivo ha origini antichissime proviene dall’Asia Minore da dove si è diffuso nei millenni soprattutto nel bacino del Mediterraneo, affermandosi prevalentemente nelle aree costiere e sub-costiere.         

In Italia l'olivo è stato diffuso da vari popoli mediterranei, inizialmente dai Fenici e dai Greci. Dai Romani in poi la coltivazione è stata sempre più ampliata e potenziata, affermandosi ovunque le condizioni climatiche e pedologiche lo hanno permesso, malgrado vicende alterne che hanno visto periodi di auge e periodi di crisi.

Attualmente si può dire che praticamente ogni regione italiana può vantare una propria olivicoltura, anche se la maggiore estensione si trova concentrata nelle aree dei Centro-Sud e nelle Isole.

Dal punto di vista climatico la pianta predilige clima mite invernale, caldo e relativamente asciutto in estate; sopporta bene temperature relativamente elevate (40- 42 °C) se accompagnate da adeguata disponibilità idrica nel terreno. Soffre invece durante l'inverno e più ancora in primavera se la temperatura scende oltre i -5/-6OC.

E una pianta che necessita di molta luce e quindi, soprattutto nel Centro-Nord, predilige esposizioni a pieno sole (sud/sud-ovest); mal sopporta la ricorrenza di nebbie o piogge soprattutto nel periodo primaverile in corrispondenza della fioritura. Per quanto riguarda i terreni presenta una grande adattabilità; riesce infatti a vegetare e a produrre anche in ambienti poveri, con terreni ricchi di scheletro e relativamente superficiali. Rifugge tuttavia suoli eccessivamente pesanti e con difficoltà di drenaggio. I terreni migliori comunque sono quelli di medio impasto, relativamente profondi, permeabili, ben dotati di sostanza organica, preferibilmente calcarci, meglio se vi è dello scheletro purché non grossolano.

Se queste sono le esigenze climatiche e pedologiche perché la pianta possa ben vegetare e produrre, occorre tuttavia tener presente che i moderni sistemi di coltivazione, basati sui principi dell'olivicoltura intensiva meccanizzata, impongono che l'orografia del suolo non sia molto tormentata e che la pendenza non superi il 15-18%.

Realizzazione di un oliveto intensivo

E’ al sistema intensivo di coltivazione che si farà riferimento in queste brevi note per fornire le indicazioni essenziali ai fini della realizzazione di oliveti da reddito, predisposti alla meccanizzazione integrale, in contrapposizione ad impianti di tipo tradizionale che, per tutta una serie di cause, non assicurano più un risultato economico e possono tutt'al più essere presi in considerazione per fini familiari.

Le tecnologie che verranno sinteticamente descritte, si rifanno ad esperienze ampiamente vissute da oltre un quindicennio in molte aree olivicole del nostro Paese, ove ormai la necessità di rinnovare gli impianti è diventata un'esigenza pressante per molti olivicoltori.

PREPARAZIONE DEL TERRENO

Una volta scelto l'appezzamento da destinare alla coltura, sulla base delle indicazioni fornite precedentemente e facendo riferimento alle proprie esperienze ed a quelle di tecnici della zona, l'olivicoltore deve procedere alla preparazione del terreno in modo corretto. Si intende fare riferimento a tutta una serie di operazioni che precedono la messa a dimora delle piante e sono finalizzate all'ottenimento di una base agronomica idonea all'insediamento della coltura. Le operazioni di preparazione del terreno devono essere eseguite quando le condizioni di clima e umidità del suolo sono le più favorevoli e quindi normalmente durante l'estate che precede la piantagione.

Per una corretta preparazione del terreno si procede alla eliminazione di eventuali residui di coltura; successivamente al livellamento, qualora la superficie del suolo risultasse molto irregolare e non consentisse una buona regimazione delle acque superficiali e un agevole movimento delle macchine operatrici. Nei terreni tendenzialmente argillosi, ove vi è pericolo di ristagno, è bene fare ricorso anche al drenaggio, seguendo le tecniche correnti. Completate queste operazioni preliminari si passa alla conciliazione di fondo attraverso la distribuzione, se disponibile, di letame in quantità non inferiore a 250-300 q.Ii/ha e alla concimazione con fosforo e potassio. Anche se la determinazione delle dosi di concime dovrebbe essere correttamente fatta sulla base di analisi chimico-fisica del terreno, è possibile tuttavia fornire delle indicazioni di massima, facendo riferimento ad esperienze in ambiente medio di coltivazione dell'olivo. Si può indicare in 4-5 q.Ii/ha di perfosfato minerale 18-20 e in 2-3 q.li/ha di fosfato potassico le quantità dei due elementi da somministrare su tutto il terreno per la conciliazione di fondo. A questa operazione segue lo scasso totale del terreno che può essere effettuato sia con aratro che con ripper. Nel primo caso vi è il rischio di portare in superficie strati poco fertili di terreno e interrare in profondità gli strati superiori, caratterizzati normalmente da migliore fertilità e questo soprattutto nei terreni di collina, poco profondi, non sottoposti precedentemente a scasso totale. Con la rippatura, invece, praticamente non si ha rovesciamento di strati nel profilo interessato dalle normali lavorazioni, con il vantaggio di ottenere un effetto simile allo scasso con aratro per quanto riguarda la rottura del suolo. Alla rippatura comunque deve seguire una seconda lavorazione con aratro alla profondità di 30-40 cm, in ragione allo strato fertile del terreno (franco di coltivazione).

Tutte le operazioni descritte vanno eseguite nella sequenza indicata ed effettuate durante l'estate per favorire la successiva azione degli agenti atmosferici che completano l'effetto della lavorazione profonda. Poco prima della messa a dimora delle piante, se necessario, occorrerà effettuare una lavorazione superficiale per affinare il terreno e facilitare                                              le operazioni di piantagione.

Per quanto riguarda l'epoca d'impianto, normalmente è preferibile che venga effettuata nel periodo autunnale negli ambienti Meridionali, caratterizzati da clima più caldo ed in primavera in quelli del Centro-Nord, per evitare eventuali danni da freddo alle piantine durante l'inverno.

 

SCELTA DELLE CULTIVAR

È questa una delle operazioni più delicate che richiede competenza specifica, tenendo presente che esiste un numero elevato di cultivar sia a livello nazionale che regionale e comprensoriale, non tutte ugualmente idonee ai sistemi moderni di coltivazione e non sempre adattabili ai diversi ambienti. Da qui la necessità di scegliere ambiente per ambiente le cultivar dotate di buone caratteristiche agronomiche (produttività elevata e costante, buona resa in olio che deve risultare di ottima qualità organolettica); vanno invece scartate le cultivar a frutto piccolo e quelle a maturazione fortemente scalare perché inadatte alla raccolta meccanica. Per brevità rimandiamo alle tabb. N. 2 e 3 nelle quali sono elencate le principali cultivar sia da olio che a duplice attitudine (olio e mensa), all'interno delle quali l'olivicoltore può scegliere quelle più adatte per il suo ambiente.

Considerato che la maggior parte delle cultivar di olivo sono autosterili è necessario che per ciascuna di esse, soprattutto quando si vogliono realizzare impianti monovarietali, si scelga l'impollinatore adatto che dovrà entrare nell'oliveto in una percentuale dei 10-15% circa del totale delle piante.

 

Tab. 2 - Cultivar da olio

CULTIVAR REGIONE OVE SI COLTIVA FERTILITA' IMPOLLINATURA PRODUTTIVITA' CONTENUTO OLIO PARASSITI
Biancolilla Sicilia Parzialmente autofertile Moresca, Zaituna Elevata Media- mente costante Medio  
Bosana Sardegna Autosterile Tonda di Cagliari Palma Buona costante Elevato  
Casaliva  Veneto     Elevata Costante Medio alto  
Dritta Abruzzo Autosterile Gentile di Chienti, Leccino medio Medio  
Frantoio Toscana Umbria  Autofertile   Elevata costante Medio alto Rogna, Cicloconio
Gentile di Chienti Abruzzo Autosterile Dritta, Leccino Elevata media- mente costante Medio Cicloconio
Leccino Toscana Umbria Abruzzo Autosterile Morchia, Pendolino, Frantoio Media Medio Cicloconio
Moraiolo Toscana Umbria Autosterile Fecciaro, Pendolino, Frantoio Media costante Medio alto Ciclonio
Ogliarola Puglia     Alta alternativamente Elevato Rogna
Barese Basilicata          
Ogliola Messinese Sicilia Autofertile   Elevata alternativamente Elevato Cicloconio
Pendolino Toscana Autosterile Leccino, Frantoio, Morchiato Elevata media- mente costante Medio Rogna, Cicloconio
Taggiasca Liguria Autofertile   Elevata costante Medio alto Rogna, Cicloconio

 

Tab. 3 - Cultivar a duplice attitudine

CULTIVAR REGIONE OVE SI COLTIVA FERTILITA' IMPOLLINATURA PRODUTTIVITA' CONTENUTO OLIO PARASSITI
Carolea Calabria Autosterile Nocellara messinese Buona alternante Medio Cicloconio
Coratina   Autosterile   Elevata costante Medio alto  
Itrana   Autosterile   Elevata Medio  
Moresca   Autosterile Ogliarola mes- sinese, Biancolilla, Nocellara etnea Buona Elevato  
Pizze   Autosterile   Buona Medio Cicloconio
Carroga Sardegna Parzialmente Autofertile   Buona Medio  

SCELTA DEL TIPO DI PIANTA

Questo aspetto costituisce un altro momento importante ai fini della buona riuscita dell'oliveto; la pianta da utilizzare oltre ad appartenere alla cultivar desiderata, deve essere esente da malattie, avere un adeguato sviluppo (almeno 70-80 cm di altezza), garantire percentuali altissime di attecchimento e pronta ripresa dopo il trapianto.

Attualmente nei vivai italiani le piante di olivo vengono prodotte o secondo il sistema tradizionale dell'innesto su selvatico oppure con il metodo più moderno della talea autoradicata.

Pur non essendovi sostanziali differenze tra i due tipi di pianta, si consiglia tuttavia di utilizzare piantine da talea poiché offrono tutte le garanzie richieste dai moderni sistemi di piantagione; le piante autoradicate presentano tra l'altro, rispetto a quelle innestate, maggiore uniformità che si riflette sull'accrescimento omogeneo sin dai primi anni ed offrono il vantaggio di una più precoce entrata in produzione.

La tecnica vivaistica di moltiplicazione dell'olivo per talea si sta ormai diffondendo su tutto il territorio nazionale, grazie anche al moderno sistema del "cassone riscaldato", messo a punto dal Centro di Studio per la Olivicoltura dei C.N.R. di Perugia, che offre notevoli vantaggi in termini di percentuale di radicazione e di velocità di formazione delle radici e quindi determina una maggiore economia che si riflette sul costo della pianta. Ad integrazione di questa tecnica si è sviluppata quella dell'allevamento in vaso della talea autoradicata che è determinante ai fini di una piena riuscita della pianta in campo. La combinazione della radicazione per talea e dell'allevamento in contenitore consente di ottenere piante pronte per la collocazione a dimora in 14-18 mesi.

Grazie al diffondersi di queste tecniche oggi è possibile acquistare piante di olivo non più preparate come una volta con il pane di terra o addirittura a radice nuda, con tutti i rischi per l'attecchimento e l'accrescimento, ma allevate in vaso con l'apparato radicale integro e ben sviluppato che garantisce attecchimento totale, facilita una rapida ripresa e un accrescimento eccezionale fin dal primo anno d'impianto. Inoltre con questo tipo di pianta si agevolano le operazioni di messa a dimora e si allunga notevolmente il periodo di piantagione.

TECNICA D'IMPIANTO

Come abbiamo accennato precedentemente i moderni sistemi di coltivazione dell'olivo si differenziano nettamente dai metodi tradizionali. I vantaggi fondamentali che offrono le nuove tecnologie d'impianto sono:

  • precocità di entrata in produzione; e
  • elevata e costante produttività;
  • impiego contenuto di manodopera;
  • adattabilità alla meccanizzazione integrale;
  • standard quanti-qualitativo elevato del prodotto.

Su questi principi si basa la cosiddetta olivicoltura intensiva meccanizzata, della quale esistono delle varianti rispetto ad un modello generale di riferimento. Il modello che qui viene sommariamente descritto si riferisce alla proposta del Centro di Studio per la Olivicoltura dei C.N.R. di Perugia; esso consente di ottenere:

  • entrata in produzione dell'oliveto già dal 3°-4° anno;
  • produzione elevata a partire dal 7°-8_ anno (45-60 q.li/ha in coltura asciutta e 60-70 q.li/ha in coltura irrigua) per una durata economica dell'oliveto presumibile di 45-50 anni;
  • contenimento delle spese di allevamento delle piantine, grazie all'adozione di forme di facile potatura, predisposte anche alla potatura meccanica;
  • possibilità d'impiego della raccolta meccanica con vibratori del tronco;
  • meccanizzazione spinta e quindi forte riduzione della manodopera il cui carico passa dalle 400 ore/anno, calcolato per il sistema tradizionale, a 160-180 ore/ha;
  • miglioramento della qualità dell'olio attraverso la razionalizzazione delle pratiche colturali ed in particolare della raccolta.

Di seguito vengono descritte le scelte tecniche relative all'impianto e alla coltivazione che rientrano nel modello indicato.

 Sesto d'impianto - Nel determinare il sesto d'impianto vanno considerate alcune variabili fondamentali, quali la fertilità del suolo, la forma di allevamento, le cultivar prescelte e la necessità di meccanizzazione. Avendo presente l'obiettivo di ottenere produzione elevata in tempi brevi, l'orientamento è quello di aumentare la densità d'impianto, adottando sesti più ridotti rispetto a quelli tradizionali. Per quanto riguarda gli ambienti meridionali in generale si considerano idonei sesti di 6x7, 7x7 o 6x8 (intorno a 200 piante/ha), mentre per gli ambienti dell'Italia centrale, dove normalmente lo sviluppo della pianta è più contenuto, i sesti si riducono a 5x6 o 6x6 (intorno a 270-300 piante/ettaro).

I sesti indicati assicurano una buona densità, tuttavia, durante i primi 10/11 anni, la superficie complessiva della chioma degli alberi rimane limitata e di conseguenza la produzione ad ettaro si mantiene entro limiti relativamente modesti.

È nata da questa considerazione la proposta di utilizzare il “sesto dinamico” che consiste nel dimezzare all’impianto la distanza sulla fila, raddoppiando di conseguenza il numero di piante ad ettaro; cosi ad es. 6x8 diventa 6x4 e il 6x6 diventa 6x3. Tuttavia la distanza delle piante sulla fila, tenendo conto della dimensione che la chioma verrà ad assumere opo un certo numero di anni (10 - 11), appare insufficiente per assicurare una buona illuminazione all'intera superficie esterna della chioma, con conseguente riduzione della produzione ad albero. Per ovviare a questo inconveniente, tra il 10° e l'11° anno d'impianto si dovrebbe procedere alla eliminazione delle piante in soprannumero sulla fila; è possibile tuttavia mantenerle facendo ricorso a tecniche di potatura di turnazione che prevedono tagli più o meno accentuati, con sequenza ciclica, su piante alterne sulla fila. In tale modo si riesce a contenere lo sviluppo della chioma delle singole piante a vantaggio di un rinnovamento continuo delle branche secondarie e quindi dei rametti a frutto.

Il sesto dinamico comunque non sempre può essere utilizzato; vi sono infatti per il suo impiego dei presupposti fondamentali che -possiamo riassumere in quattro punti:

  • precocità di entrata in produzione delle piante (3°-4° anno);
  • necessità di disporre di terreni di buona fertilità con adeguate risorse idriche, meglio con irrigazione;
  • forme di allevamento con sviluppo della chioma in senso verticale e poco espanse lateralmente;
  • prezzo contenuto delle piantine

In mancanza di una solo di questi presupposti, può vanificarsi il vantaggio del sesto dinamico.

 Forma di allevamento - Il passaggio obbligato dalla raccolta manuale a quella meccanica con vibratori del tronco ha determinato un'evoluzione nella scelta della forma di allevamento da dare agli olivi. Il sistema di raccolta meccanico con vibratori impone infatti una forma di allevamento con struttura della chioma a tronco singolo, branche principali solidamente inserite su di esso, a sviluppo longitudinale contenuto e ben rivestite da branche secondarie e branchette fruttifere relativamente corte e poco pendule. Ma vi è un altro elemento imposto dai moderni sistemi di coltivazione, relativo al contenimento del numero degli interventi di potatura sin dai primi anni allo scopo, da un lato, di ridurre i costi e, dall'altro, di favorire un rapido accrescimento della pianta e una sua precoce entrata in produzione. Se a queste considerazioni aggiungiamo quelle esposte precedentemente a proposito del sesto dinamico, si capisce perché si è orientata la scelta verso la forma di allevamento a monocono, sia nella sua versione "geometrica" che in quella meno regolare che possiamo definire "forma monocaule libera". Il monocono è una forma di allevamento ormai ampiamente sperimentata nei nuovi impianti che ha dimostrato piena validità e non desta alcuna preoccupazione ai fini dell'accrescimento della chioma in senso sia verticale che diametrale, mentre assicura effettivamente sviluppo rapido e precocità di entrata in produzione e risponde molto bene alla raccolta meccanica con vibratori del tronco.

 Modalità di piantagione - L'operazione di messa a dimora delle piante è preceduta dalla squadratura del campo, secondo il sesto prescelto; l'orientamento da dare alle file è preferibilmente quello nord-sud, tenendo presente comunque che nel caso di sesto rettangolare e più ancora di sesto dinamico, la fila più stretta va orientata nel senso della massima pendenza del campo.

Per quanto riguarda il tutore, inizialmente si possono usare le stesse canne eventualmente impiegate per l'esecuzione dello squadro, purché la loro altezza sia di almeno mt 1,50; esse comunque dovranno essere sostituite in autunno con i pali tutori definitivi. È possibile anche utilizzare sin dall'inizio direttamente pali tutori di legno o plastica, dell'altezza fuori terra di almeno mt 2,00, di robustezza tale da assicurare un buon sostegno alle piante per i primi 4-5 anni.

Con le piante in vaso, come già detto, la messa a dimora delle piante potrebbe avvenire praticamente in qualsiasi periodo dell'anno ma è consigliabile in autunno o in primavera, comunque quando le condizioni climatiche e di terreno lo consentono. Al fine di evitare qualsiasi trauma alle piantine, prima del trapianto in campo si consiglia di operare nel modo seguente:

  • annaffiare abbondantemente le piante in vaso il giorno precedente la messa a dimora per mantenere integro il terriccio alla svasatura;
  • predisporre le buche della dimensione sufficiente ad ospitare il terriccio contenuto nel vaso;
  • collocare le piantine svasate nella buca facendo in modo che il colletto rimanga qualche centimetro (4-5) sotto il livello del terreno;
  • rincalzare la terra comprimendola attorno alle radici nel richiudere la buca;
  • ricavare attorno alla pianta una piccola conca per favorire la penetrazione dell’acqua d'irrigazione di soccorso;
  • assicurare la piantina al tutore legandola con filo di plastica morbido non animato facendo sì che la pianta rimanga con la cima eretta;
  • annaffiare tempestivamente con 6-10 litri di acqua per pianta per inumidire il terreno e farlo aderire bene all'apparato radicale.

Durante la prima stagione di crescita è opportuno mantenere le piante nette da erbe infestanti, con zappettature nelle immediate vicinanze della pianta stessa e lavorazioni superficiali con mezzi meccanici sull’intero appezzamento. In assenza d'impianto d'irrigazione, sarà necessario procedere ad irrigazioni di soccorso, almeno 2-3 volte durante i mesi più caldi. Occorrerà inoltre effettuare delle concimazioni azotate a piccole dosi ripetute, preferibilmente in coincidenza con le irrigazioni di soccorso.

Tali concimazioni vanno fatte con urea o altro fertilizzante azotato, tenendo presente che nel caso dell'urea la quantità da somministrare per pianta non deve superare i 20 -25 gr per volta, ripetendola 3 -4 volte durante la stagione, a distanza di 20 -30 gg. l'una dall'altra. E necessario infine difendere la pianta da attacchi parassitari, soprattutto di insetti come le tignole o l'oziorinco che, se non controllati, possono arrecare danni notevoli agli apici vegetativi e alle foglie.

Tecniche di Coltivazione

Le tecniche di coltivazione per gli impianti intensivi comprendono diverse operazioni colturali la cui finalità è quella di stimolare, nella fase di allevamento, una rapida crescita delle piante e indurre una precoce fruttificazione e, successivamente, una volta raggiunta la situazione di regime, mantenere un elevato standard produttivo e contenere i costi. Praticamente nessuna delle operazioni colturali qui indicate agisce singolarmente in maniera esaustiva; la loro azione infatti si integra e l'effetto che ne scaturisce è derivato proprio dall'azione congiunta che ciascuna di esse esercita sulla pianta quando è applicata razionalmente.

CONCIMAZIONE

Nella nutrizione dell'olivo devono essere considerati diversi fattori che agiscono sul metabolismo della pianta direttamente o indirettamente, come la fertilità naturale del suolo, la disponibilità idrica, la vigoria e la produttività della cultivar. Scopo della conciliazione è quello di assicurare costantemente alla pianta la quantità adeguata dei diversi elementi fertilizzanti in un equilibrato rapporto tra loro. Il preconcetto secondo cui l'olivo abbia modeste esigenze nutrizionali, fino al punto da non necessitare di concimazioni minerali, va assolutamente rimosso tenendo presente che, come altre piante agrarie, per fruttificare costantemente ed abbondantemente ha necessità di adeguati apporti annuali di fertilizzante. Errate concimazioni sia in eccesso che in difetto o in epoche inopportune possono determinare incostanza produttiva, modesta fruttificazione o fruttificazione abbondante ed occasionale, indipendentemente dalla corretta utilizzazione delle altre pratiche colturali.

Per brevità di sintesi prendiamo in considerazione la conciliazione minerale riferita ai tre elementi fondamentali: azoto, fosforo e potassio.

L'azoto è un elemento fondamentale per l'olivo, ne stirnola l'accrescimento, esercita un'azione diretta sulla formazione dei fiori, sulla loro allegagione e sullo sviluppo dei frutti. Questo elemento si caratterizza per un facile e rapido assorbimento da parte della pianta solo se questa è in attività vegetativa, mentre per la sua elevata solubilità viene facilmente dilavato nel terreno. Va tenuto presente inoltre che la massima esigenza per la pianta coincide con le fasi di formazione dei fiori, di allegagione e di sviluppo iniziale dei frutti, praticamente da Marzo a Giugno, quando si verifica anche la ripresa vegetativa e si ha il massimo allungamento dei rami. Successivamente vi è un altro momento critico che è rappresentato dalla fase di indurimento del nocciolo (Luglio-Agosto).

La carenza di azoto si manifesta nell'olivo con una minore attività di crescita della pianta, formazione di fiori imperfetti, produzione scarsa e alternata.

Quando la pianta è giovane, praticamente durante i primi 4-5 anni, ha necessità di dosi piuttosto modeste di azoto. Se consideriamo come fertilizzante azotato l'urea, possiamo indicare in 60 -80 gr per pianta la quantità per il primo anno, 100 - 150 per il secondo, 200 -250 per il terzo e 300 -350 per il quarto-quinto anno. Quando la pianta inizia a fruttificare in maniera apprezzabile (5°-6° anno) e successivamente, l'esigenza in azoto aumenta sensibilmente e la quantità da somministrare va calcolata sulla base della produzione ad ettaro, tenendo presente che sono necessari da 3 a 3,5 kg di azoto per quintale di olive prodotte. Di conseguenza con una produzione media di 50 q.li/ha è necessario somministrare da 150 a 180 unità di azoto per ettaro che, grosso modo, corrispondono intorno a 3 -4 quintali di urea ad ettaro. Per quanto riguarda la modalità di somministrazione si suggerisce di frazionare la conciliazione azotata in due tempi, la prima in corrispondenza della ripresa dell'attività radicale (Marzo-Aprile) e la seconda durante la piena attività di crescita della chioma (Maggio-Giugno). Nella prima epoca vanno somministrati i due terzi della dose totale e la restante nella seconda epoca. Mentre durante i primi 3-4 anni è bene che la conciliazione azotata sia localizzata, successivamente è preferibile effettuarla sull'intera superficie.

Per quanto riguarda il fosforo occorre dire che anch'esso è un elemento importante nella regolazione della crescita dell'olivo ed influisce ugualmente sulla fruttificazione. Tuttavia questo elemento si caratterizza per una scarsa mobilità nel terreno, dove viene fissato. L'olivo ha esigenze relativamente modeste nei suoi confronti, di conseguenza è possibile adottare una tecnica di conciliazione fosfatica, così come vedremo anche per il potassio, che prevede la somministrazione ciclica, ogni 4-5 anni, da far seguire da lavorazioni relativamente profonde per favorirne l'interramento. Per quanto riguarda le dosi si possono indicare grosso modo in 4-5 q.li/ha di perfosfato minerale per terreni di media fertilità.

In merito al potassio, elemento anch'esso fondamentale per i riflessi importanti che ha anche sulla resistenza al freddo e alle malattie, oltre ad avere le stesse caratteristiche del fosforo per quanto riguarda la scarsa mobilità nel terreno, va anche detto che generalmente i suoli italiani dove si coltiva l'olivo ne sono abbastanza provvisti. Tuttavia anche per questo elemento si suggerisce una conciliazione ciclica, nella quantità di 4 q.li/ha di solfato potassico, da combinare con quella fosfatica.

E importante fare un accenno anche alla conciliazione organica, poiché la sostanza organica riveste nel terreno un ruolo fondamentale sia perché favorisce l'attività microbica sia perché ne migliora la struttura e la ritenzione idrica. Purtroppo non sempre è facile reperire del buon letame, i cui effetti d'altra parte si fanno risentire solo con somministrazioni abbondanti (250-300 q.li/ha); in alternativa, soprattutto in terreni estremamenti poveri di sostanza organica, si può fare ricorso alla tecnica del sovescio.

 POTATURA

Con questa tecnica si mira a mantenere un equilibrio nella pianta tra attività di crescita e fruttificazione. Volendo dare un'indicazione di massima sull'entità della potatura in rapporto all'età della pianta, va detto che dovrà essere molto limitata nei primi anni, di media intensità durante la fase adulta ed accentuata, invece, durante la fase di senescenza quando si manifesta in modo marcato il fenomeno dell'alternanza di produzione.

Per brevità ci limitiamo a descrivere la potatura della forma di allevamento a monocono, tenuto presente che questa forma, con alcune varianti, oltre a rientrare nel modello di olivicoltura intensiva che qui si descrive, si sta largamente affermando nei nuovi impianti in Italia.

L'utilizzazione di piante in vaso, allevate secondo un asse unico, già predisposte per questa forma di allevamento, facilita l'impostazione dei monocono. Durante la prima stagione di crescita, se necessario, si dovranno eseguire uno o più interventi nel corso dell'estate, allo scopo di eliminare le ramificazioni più basse liberando il tronco per i primi 20-30 centimetri e nel caso in cui la cima risultasse debole o venisse danneggiata andrà sostituita scegliendo il germoglio sottostante più vigoroso. Si tenderà inoltre a favorire un normale sviluppo delle branche lungo l'asse, eliminando eventualmente uno dei rami opposti inseriti nel medesimo nodo quando ciò può compromettere l'accrescimento dell'asse centrale, tenendo presente che mai il diametro di un ramo laterale deve superare quello dell'asse centrale nel suo punto di inserzione. Man mano che la cima si allunga, durante la stagione di crescita, va tenuta eretta legandola al tutore.

Al secondo anno, sempre durante l'estate, vanno soppressi i rami laterali più bassi fino all'altezza di 40-50 cm ed eventuali succhioni, avendo cura di tenere la cima bene evidente ed eventualmente sostituirla se apparisse troppo debole.

Al terzo anno si continueranno ad eliminare i rami più bassi fino ad un'altezza di 60-70 cm; si sopprimeranno eventuali polloni e succhioni e si curerà la cima come in precedenza. Le cultivar più precoci cominceranno proprio dal terzo anno a dare la prima produzione.

Dal quarto anno non si effettueranno più potature estive mentre si inizierà la potatura invernale-primaverile che proseguirà per l'intera durata dell'oliveto. Essa riguarderà, oltre alla eliminazione delle branche basse fino a 60-80 cm e il controllo della cima, anche interventi sulle branche laterali, attraverso l'eliminazione di rami interni e più vigorosi ed assurgenti in quanto sterili.

Al quinto anno, si potrà procedere alla eliminazione del tutore, avendo normalmente il tronco raggiunto un'adeguata robustezza. Gli interventi di potatura saranno rivolti al mantenimento della forma e al controllo della produzione. Con i primi si curerà la cima, si elimineranno eventuali branche mal inserite tentando di dare una distribuzione a spirale delle branche lungo tutto il tronco. I tagli di produzione saranno rivolti invece alla eliminazione dei rami sterili, delle branchette poste in ombra e di quelle esaurite dalla fruttificazione dell'anno precedente.

Tra il sesto ed il settimo anno la pianta, se è stata ben allevata, avrà raggiunto la forma definitiva a cono, con un'altezza tra i 3-3,5 metri ed il tronco sarà già sufficientemente sviluppato per consentire la presa del vibratore.

Il mantenimento prolungato di questa condizione di equilibrio tra attività di crescita e produzione dipenderà dall'abilità del potatore ma anche dalla tecnica di conciliazione e dalla disponibilità idrica della pianta.

La potatura di produzione del monocono nella fase adulta si basa sul concetto fondamentale dell'eliminazione delle branche esaurite dalla produzione, di quelle poste in ombra o eccessivamente affastellare o mal inserite, dei rami sterili, ad esclusione di quelli utilizzabili per il rinnovamento di branchette fruttifere. Occorre fare in modo che la produzione si esprima nella porzione esterna della chioma al fine di avere frutti di buona qualità, tenendo sempre ben presente la necessità della macchina per la raccolta di operare su una pianta con branche relativamente corte ed a struttura piuttosto rigida. Gli interventi di potatura serviranno anche a regolare l'accrescimento in altezza della chioma che non deve superare i 4-4,5 metri, attraverso tagli di ritorno sulla cima.

Nella forma di allevamento a monocaule a “chioma libera” i concetti di potatura rimangono pressoché simili a quelli descritti, con la differenza che qui si tiene conto relativo della forma geometrica e si riguarda alla struttura dell’albero in funzione della produttività e dell’esigenza della raccolta meccanica.  

LAVORAZIONE DEL TERRENO

Affinché l'apparato radicale possa assolvere alle sue funzioni fondamentali di ancoraggio e di assorbimento dell'acqua e dei nutrienti, è necessario che si creino nel terreno le condizioni fisiche per la penetrazione dell'acqua e la circolazione dell'aria. Questo si raggiunge con una buona tecnica di lavorazione del terreno, la quale ha anche la funzione di eliminare le erbe infestanti che entrano in competizione con la pianta. Nel caso dell'olivo va tenuta presente la distribuzione superficiale dell'apparato radicale per cui, soprattutto nel periodo primaverile-estivo, le lavorazioni devono essere molto superficiali. Le lavorazioni autunnali invece, avendo il compito di rompere la suola e facilitare la penetrazione delle acque, possono essere relativamente più profonde. Nei terreni di collina, soprattutto nei climi più umidi, si ha motivo di temere fenomeni di erosione superficiale per cui anziché la lavorazione autunnale è preferibile in questo periodo effettuare lo sfalcio delle erbe, rinviando la lavorazione relativamente più profonda a fine inverno-inizio di primavera. L'inerbimento durante l'autunno-inverno assolve anche al compito di facilitare il movimento delle macchine per la raccolta, data la maggiore compattezza del terreno inerbito rispetto a quello lavorato.

L’IRRIGAZIONE

Negli ambienti olivicoli dell'Italia Centro-Settentrionale con una piovosità supe-riore a 650-700 mm, la disponibilità idrica naturale è tale da consentire una produzione ordinaria soddisfacente anche senza irrigazione. Negli ambienti meridionali, caratterizzati da piovosità più bassa e mal distribuita, l'irrigazione diventa pratica determinante ai fini del raggiungimento di adeguati livelli produttivi e della costanza di fruttificazione. Oggi si va sempre più diffondendo l'impiego dell'irrigazione in olivicoltura, non soltanto nell'Italia Meridionale, dove, come si è detto, è determinante, ma anche negli ambienti dell'Italia Centrale, in considerazione del fatto che se si vogliono raggiungere produzioni abbondanti ed avere garantita la costanza di fruttificazione è necessario assicurare adeguati apporti idrici nei mesi più caldi e siccitosi.

Tra i diversi sistemi irrigui utilizzabili negli impianti intensivi sono da preferire quelli di tipo localizzato, a goccia, a spruzzo, a baffo, ecc. i quali, oltre a comportare una sensibile economia idrica (25 -30%) rispetto ad altri sistemi, consentono una distribuzione più uniforme dell'acqua nel tempo, con turni più brevi (2-3 gg.) e volumi irrigui più bassi (50 -150 litri/pianta per ogni turno). L'irrigazione localizzata inoltre assicura una maggiore efficienza dell'acqua che viene distribuita in corrispondenza dei punti di maggiore assorbimento dell'apparato radicale.

Un'indicazione di massima sui volumi irrigui per ettaro per anno con il sistema a goccia, è di 700-2000 mc/ha da distribuire da dopo l'allegagione fino alla comparso delle prime piogge abbondanti di fine estate-autunno.

RACCOLTA

La raccolta costituisce la fase conclusiva del cielo produttivo dell'albero; si tratta pertanto di un'operazione delicata che, se male eseguita, può incidere negativamente sia sulla quantità del prodotto finale che soprattutto sulla qualità. Basta a tale proposito tenere presente che le caratteristiche chimiche e organolettiche presenti nel frutto al momento della raccolta, così come l'integrità del frutto e il suo stato di maturazione, sono determinanti ai fini della qualità dell'olio.

Uno dei problemi fondamentali che si presenta nella raccolta delle olive è quello derivante dalla pezzatura ridotta del frutto e dalla forza di attacco di esso che comportano tempi lunghi e costi elevati quando si fa ricorso ai sistemi manuali. Da qui la necessità di utilizzare metodi di raccolta meccanici; tra questi quello che attualmente risulta più affidabile è basato sull'impiego di vibratori del tronco in combinazione con reti poste a terra sotto la chioma per l'intercettazione dei frutti.

Nei nuovi impianti è ormai ampiamente dimostrata la validità di questa tecnica che risponde pienamente con l'impiego di vibratori dei tronco modulari di tipo multidirezionale, dei quali oggi sono disponibili in commercio modelli a testata media o leggera da applicare a comuni trattrici agricole di media potenza (50-80 HP).

Nel cantiere di raccolta con vibratori operano normalmente da 5 a 7 persone, delle quali una è adibita alla guida del trattore e alla manovra dello scuotitore e le altre allo spostamento delle reti e al trasporto delle olive. Con un cantiere così organizzato, se si opera in oliveti ben strutturati per sesto d'impianto, forma di allevamento e cultivar, secondo il modello già descritto, è possibile raggiungere una resa operativa di 0,8 - 1,0 ettari al giorno, in cui la quantità di olive raccolte per operatore dipende ovviamente dalla carica delle piante. In oliveti la cui produzione è di 50-60 q.li/ha la resa giornaliera di un operaio oscilla tra gli 8 e i 10 quintali.

Allorché vengono rispettate le modalità e l'epoca, la raccolta a macchina consente di raggiungere percentuali di distacco delle olive dall'albero dell'ordine di 85-90% che può ritenersi soddisfacente, considerata la forte economia di manodopera. Occorre fugare qualsiasi preoccupazione in merito a presunti danni provocati dal vibratore sia sulla chioma che sul tronco o sull'apparato radicale. Soltanto se la macchina non è valida o l'operatore non è abile si riscontrano dei danni che comunque non hanno nulla a che fare con l'effetto vibrante. Ai fini della qualità dell'olio, la raccolta meccanica non esercita alcuna incidenza negativa atti è possibile raccogliere le olive al giusto grado di maturazione che corrisponde alla fase di invaiatura, quando cioè è garantita la qualità organolettica. Nessun danno ai frutti poi si verifica per effetto della caduta, essendo le olive intercettate dalle reti poste sotto la pianta.

Conclusioni

In queste brevi note si sono intese dare le informazioni essenziali relative alle moderne tecnologie di coltivazione dell'olivo mirate ad un'olivicoltura da reddito in cui quantità e qualità si sposano. La trattazione breve e sintetica può certamente non soddisfare le esigenze del tecnico o dell'esperto olivicoltore il quale però ha altre fonti da dove attingere informazioni più dettagliate; ciò che interessava, invece, era far giungere il messaggio sulle innovazioni tecnologiche maturate in olivicoltura a quegli operatori che, per carenza di informazione, ancora non le conoscono.

L'olivicoltura italiana si dibatte da anni in una crisi profonda che possiamo definire di struttura, di mercato e sociale; riteniamo che la fase critica acuta sia ormai superata e che fatti nuovi preparino la via per un rilancio di questa coltura. La nostra produzione, rispetto a quella di altri paesi olivicoli mediterranei europei e non, vanta ancora un primato di qualità, anche se dal punto di vista quantitativo ha ormai ceduto il posto ad altri paesi olivicoli più agguerriti e meglio organizzati; ma il primato della qualità rimane ancora legato non soltanto alla grande tradizione, sia agronomica che della industria di trasformazione, ma anche e soprattutto alle favorevoli condizioni ambientali in cui si esprime molta parte della nostra olivicoltura.

Una nuova fase di mercato sia nazionale che internazionale tende sempre più a privilegiare il prodotto di qualità e questo è certamente un ottimo incentivo per il rilancio della nostra olivicoltura su basi moderne, tenendo presente che per situazioni ambientali (aree olivicole prevalentemente collinari), per la presenza nel nostro patrimonio genetico di varietà pregiate e per la disponibilità di nuove tecnologie ampiamente sperimentate, il nostro Paese ha tutti i requisiti per dare vita ad una nuova olivicoltura competitiva.

9/1988 PIERALISI